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RIFORMA EMERGENZA URGENZA, RIORGANIZZAZIONE RETE OSPEDALIERA E ASSISTENZA TERRITORIALE. LA NUOVA SANITA' REGIONALE - Indicatore Mirandolese

RIFORMA EMERGENZA URGENZA, RIORGANIZZAZIONE RETE OSPEDALIERA E ASSISTENZA TERRITORIALE. LA NUOVA SANITA’ REGIONALE

Riportiamo di seguito la nota licenziata qualche giorno fa dalla Regione relativa ai progetti della medesima in merito ad una nuova sanità per l’Emilia Romagna. Di particolare interesse anche per il territorio mirandolese (e quindi in riferimento, tanto all’ospedale Santa Maria Bianca, quanto all’intero distretto sanitario locale) i capitoli, riportati in fondo alla nota: Riforma Emergenza Urgenza; Riorganizzazione Rete Ospedaliara; Riorganizzazione Assistenza Territoriale.  

 

Donini e Calvano: “Impegno senza sosta per i finanziamenti che ci spettano ma anche un modello innovativo, che punta su territorialità e qualità delle prestazioni. La difesa del SSN necessita di fondi e personale, ma anche di innovazione profonda e coraggiosa per dare risposte ai nuovi bisogni di salute. L’Emilia-Romagna può aprire la strada nel Paese”

Il piano parte dall’Emergenza-Urgenza e coinvolge anche assistenza ospedaliera e territoriale: i tempi previsti. Obiettivo: fornire servizi sempre più efficaci, anche sulla base delle esigenze emerse dopo il Covid. Verso i Centri Assistenza e Urgenza (CAU) ed equipe medico-infermieristiche che opereranno direttamente a domicilio sul modello delle Usca. Via libera dalla Giunta anche al programma di interventi negli ospedali, da Piacenza e Parma alla Romagna. L’elenco delle opere previste

20 aprile 2023 – I bilanci consuntivi 2022 delle Aziende sanitarie tornano in equilibrio, grazie alla Regione, che attraverso il proprio bilancio, per il terzo anno consecutivo, deve fronteggiare l’esorbitante aumento dei costi dovuti al Covid, ai rincari dell’energia e dei prezzi, coprendo i mancati trasferimenti nazionali.

Con l’approvazione formale del bilancio consuntivo regionale da parte della Giunta, nella seduta di oggi, nel pieno rispetto dei termini di legge, viene salvaguardato l’equilibrio finanziario del sistema sanitario dell’Emilia-Romagna. Nonostante da parte dello Stato non siano stati riconosciuti i finanziamenti dovuti, attraverso risorse proprie e le manovre messe in atto: a partire dall’accantonamento di fondi regionali extra-sanitari – per 85 milioni di euro – e dall’utilizzo dell’avanzo vincolato.

Tra mancati riconoscimenti dei costi Covid e maggiori spese energetiche, il ‘soccorso’ regionale a copertura dei fondi nazionali non corrisposti, nel triennio 2020-2023 assomma ormai a 1 miliardo di euro.

Chiusa la partita relativa al 2022 grazie a questo ennesimo sforzo, da Viale Aldo Moro riparte immediatamente la battaglia col Governo centrale per il rifinanziamento del sistema sanitario pubblico da parte dello Stato: le risorse stanziate da Roma per il 2023, infatti, solo nominalmente possono essere considerate in aumento, mentre in termini reali non copriranno l’aumento dei costi dovuti ad energia ed inflazione, determinando un secco arretramento del SSN. Non è un caso che da quest’anno la spesa sanitaria rispetto al PIL torni costantemente a ridursi anche nelle previsioni del Governo. Se l’emergenza pandemica doveva rappresentare uno spartiacque e l’uscita dal Covid l’occasione di un grande rilancio del Servizio sanitario nazionale – il rapporto tra spesa sanitaria e Pil aveva superato la soglia del 7% e determinato la risposta eccezionale del PNRR, con 19 miliardi destinati proprio agli investimenti in Sanità – la conclusione della Regione Emilia-Romagna è che, a conti fatti, rischi invece ora di essere archiviata solo come una parentesi, senza che venga tratto alcun insegnamento.

Ma le motivazioni economiche sono solo una parte della vertenza che le Regioni – l’Emilia-Romagna in primis, avendo un servizio pubblico più esteso – hanno aperto nei confronti del Governo. Non meno significativa è la carenza strutturale di personale medico e sanitario, dovuto ad una programmazione largamente sottostimata nel tempo. Il paradosso di non avere a disposizione i medici necessari nel momento in cui non si riescono a riportare sotto controllo le liste d’attesa in sanità sta producendo effetti particolarmente negativi: in generale e, in particolare, laddove i cittadini sono abituati a vedere nel sistema pubblico una garanzia di qualità, appropriatezza e giustizia sociale.

È in questo quadro che la Regione Emilia-Romagna, a fronte appunto della vertenza aperta col Governo insieme alle altre Regioni, intende rilanciare il proprio impegno a tutela del diritto alla salute come universale. Da qui anche la sfida dell’innovazione, a partire dai nuovi bisogni dei cittadiniche necessitano di nuove risposte. Ed è su questo terreno che ha aperto un confronto a tutto campo con il mondo della sanità, dalle organizzazioni sindacali ai professionisti, con gli amministratori locali attraverso le CTSS – Conferenze territoriali sociosanitarie – e la sanità privata che collabora nel sistema regionale. Fino al Patto per il lavoro e per il Clima, riunitosi ieri in Regione proprio per condividere il quadro delle criticità ma anche le fondamenta su cui costruire il nuovo edificio della sanità regionale del futuro. Con l’ambizione che da qui possa venire un contributo di progettualità per l’intero Servizio sanitario nazionale.

A partire dalla riorganizzazione dei servizi di emergenza e urgenza, già in forte sofferenza prima della pandemia e che nell’emergenza Covid hanno dovuto sostenere uno sforzo eccezionale che ne ha segnato la tenuta, a partire dalla stessa capacità di resistenza degli operatori. Obiettivo della Regione è quello di potenziare e incrementare le strutture più a portata diretta del cittadino, con la nascita dei Centri di Assistenza e Urgenza, i CAU, che saranno distribuiti capillarmente sul territorio, con la creazione di equipe medico-infermieristiche, le Ucache opereranno direttamente a domicilio del paziente. Si tratta di strutture diffuse in grado di rispondere, giorno e notte, alla gran parte dei bisogni e delle urgenze delle persone, anche laddove non abbiano caratteristiche di vera e propria emergenza; liberando contestualmente i veri e propri Pronto soccorso per le necessità dei codici più gravi.

E poi il potenziamento della telemedicina e del servizio telefonico, per la gestione delle chiamate di soccorso. Vero e proprio snodo da rafforzare e qualificare per governare la miriade di bisogni differenti, ciascuno dei quali merita una risposta appropriata e nei tempi giusti.

È su questa progettualità che l’assessorato regionale alla Sanità, muovendo anche da un atto di indirizzo generale votato dall’Assemblea legislativa di fine dicembre 2022, sta elaborando con i tecnici delle Aziende una proposta organica su cui intende aprire un confronto a tutto campo con la comunità regionale.

Queste solo alcune delle principali novità della riforma, che comprende di pari passo anche la riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera e di quella domiciliare e che vede l’Emilia-Romagna prima Regione in Italia impegnata a ripensare l’organizzazione sanitaria, con un modello ambizioso che potrà fare da apripista a livello nazionale.

La proposta sarà infatti portata in Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nell’ambito della Commissione nazionale salute.

Non solo. È anche pronto un nuovo piano di edilizia sanitaria, varato dalla Giunta e finanziato con oltre 390 milioni di euro, per il rafforzamento, la riqualificazione, il completamento e la realizzazione di nuove strutture sull’intero territorio regionale.

Un pacchetto di interventi che, affiancati alle riforme, delineano un nuovo futuro per la sanità dell’Emilia-Romagna, presentato oggi in conferenza stampa dagli assessori alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, e al Bilancio, Paolo Calvano.

“Guardiamo al futuro con un obiettivo chiaro- sottolineano Donini e Calvano-, quello di salvaguardare il sistema sanitario pubblico a garanzia del diritto universale alla salute. Grazie a un sistema di sanità pubblica territoriale, in cui l’Emilia-Romagna è da sempre più avanti rispetto al resto del Paese, che vogliamo tutelare e rafforzare per dare ai cittadini servizi più vicini e personalizzati, fino alle cure a domicilio. Continuando al tempo stesso a investire sull’edilizia sanitaria, per strutture sempre più moderne, innovative e confortevoli per i pazienti e per chi ci lavora. A fronte di nuovi bisogni e complessità, come la carenza di medici e infermieri, occorrono nuove risposte, a partire dal rafforzamento della medicina di prossimità”.

Anche da queste proposte, secondo la linea condivisa nella Giunta guidata dal presidente Stefano Bonaccini, passa la difesa del servizio sanitario pubblico e universalistico.

“Invece il Governo continua a tagliare in modo indiscriminato e inaccettabile la sanità pubblica- affermano Donini e Calvano-. Anche nel 2022, i bilanci delle nostre Aziende potranno essere rimessi in equilibrio, nonostante un sottofinanziamento strutturale da parte del Fondo sanitario nazionale. Agli oneri impropri della pandemia e dell’aumento spropositato dei costi energetici, mai adeguatamente ristorati dal Governo, da quest’anno assistiamo anche ad un vero e proprio arretramento dell’impegno dello Stato. È impensabile – chiudono – andare avanti così. I cittadini chiedono più sanità, non meno. E anche il Covid pare non aver insegnato nulla. Noi continueremo questa battaglia insieme, perché è la battaglia di tutti e per tutti: in gioco non c’è la chiusura dei bilanci, ma lo stesso diritto alla salute delle persone”. 

Il nuovo piano di edilizia sanitaria

390 milioni di euro, di cui quasi 200 di risorse statali (198,6, compreso il cofinanziamento del 5% della Regione, tramite Accordo di programma ‘Ex articolo 20’, a cui se ne aggiungono ulteriori 69 tramite partenariato pubblico-privato) e 191,37 di finanziamento Inail.

È l’ammontare delle risorse su cui può contare l’Emilia-Romagna, che attraverso il piano definito dalla Giunta anche sulla base delle priorità individuate dalle Aziende sanitarie e ospedaliere, avrà a disposizione un massiccio pacchetto di interventi di rafforzamento, riqualificazione, innovazione e realizzazione di nuove strutture.

Dal completamento del Materno Infantile di Reggio Emilia (MIRE) al nuovo Polo Chirurgico-Diagnostico dell’Emergenza Urgenza dell’Ospedale Maggiore di Parma, dal nuovo ospedale di Carpi alla nuova Maternità e Pediatria dell’Ospedale Maggiore di Bologna, dai lavori antisismici e di miglioramento strutturale alla dotazione di nuove tecnologie per tutte le Aziende sanitarie – solo per citarne alcuni – sono nove gli interventi finanziati con le risorse nazionali da Parma alla Romagna. Il nuovo ospedale di Piacenza sarà oggetto dei prossimi investimenti di edilizia sanitaria, a copertura di un costo di circa 300 milioni di euro.

Altri cinque interventi sono finanziati con 191,37 milioni di euro di fondi Inail.

Riforma Emergenza Urgenza

Il nuovo modello, messo a punto dal Coordinamento regionale per l’emergenza-urgenza ospedaliera e territoriale, prevede di ridurre la pressione sui Pronto soccorso incentivando i cittadini che presentano urgenze a bassa complessità (codici bianchi e verdi) – attraverso un primo contatto telefonico qualificato con gli operatori della sanità – verso i nuovi Centri di Assistenza e Urgenza che saranno distribuiti sul territorio e funzioneranno generalmente notte e giorno; o, in alternativa, riceveranno aiuto direttamente al proprio domicilio dalle equipe medico-infermieristiche.

Un’organizzazione, questa, che permette di rendere più tempestivi gli interventi in ospedale e di agevolare i cittadini fornendo loro le cure adeguate nei centri più vicini, senza lunghe attese o addirittura a casa.

Al tempo stesso, riducendo il più possibile gli accessi impropri al Pronto Soccorso. Nel 2022, il 66% degli accessi al PS in Emilia-Romagna, che complessivamente sono stati circa 1.750.000, ha riguardato infatti codici bianchi o verdi, che nella quasi totalità (95%) non hanno avuto bisogno di ricovero e avrebbero potuto essere gestiti da altre strutture.

Altro obiettivo, considerando che il 76% dei cittadini – sempre nel 2022 – è arrivato autonomamente al PS, è quello di arrivare a mediare il 99% degli accessi tramite il 118, consentendo la presa in carico precoce e la corretta distribuzione dei pazienti.

Riorganizzazione Rete ospedaliera

Altro snodo della riforma è la riorganizzazione della Rete ospedaliera, con l’obiettivo di mantenere le eccellenze e le vocazioni territoriali e, contemporaneamente, concentrare la casistica specifica nelle strutture sanitarie più appropriate.

In particolare, la casistica chirurgica “omogenea” sarà indirizzata a ospedali specifici, per garantire l’erogazione di un alto numero di prestazioni con elevati standard di qualità. La casistica a bassa complessità ed alti volumi sarà concentrata negli ospedali di prossimità, e quella di alta specialità e complessità negli ospedali Polispecialistici e negli IRCCS.

Inoltre, si punterà sempre di più al miglioramento e all’uniformità degli standard di utilizzo dei robot chirurgici e alla creazione di Reti regionali, sull’esempio della nuova Rete Oncologica ed Emato-oncologica.

Ulteriore elemento della riorganizzazione sono le Piattaforme operative sovra-aziendali: sedi deputate a concentrare tecnologie, competenze professionali e casistica per erogare prestazioni omogenee per bacini territoriali ampi e afferenti a più Aziende sanitarie.

Riorganizzazione Assistenza territoriale

Ultimo tassello della riforma, la riorganizzazione della Sanità territoriale, anche attraverso il contributo e il confronto coi medici di medicina generale, che passa attraverso alcune priorità.

Tra queste, riqualificare le Case della Salute, attualmente 132, fino ad arrivare a 185 Case della Comunità, di cui 89 hub (una ogni 50mila abitanti) e 96 spoke.

Raggiungere i 900 posti letto negli Ospedali di Comunità (Osco), che oggi sono 436.  

Rafforzare l’assistenza domiciliare per gli over 65, garantendo la copertura di oltre il 10% di questa fascia di popolazione e la risposta assistenziale nelle 24 ore.

Potenziare gli hospice, cioè le strutture per l’assistenza di fine vita, passando da 312 posti attuali (7 ogni 100.000 abitanti) a 450 entro il 2026.

Ancora, è prevista l’istituzione dell’Infermiere di Famiglia o Comunità (IFoC), per garantire una presenza continuativa nel territorio di riferimento facilitando la presa in carico, la continuità dell’assistenza, l’integrazione e la collaborazione tra le figure professionali e i servizi sociosanitari.

Infine, tra le altre novità anche l’istituzione, entro il 2024, di 45 Centrali Operative Territoriali per facilitare l’interrelazione/raccordo tra i servizi e tra i professionisti coinvolti nei diversi contesti assistenziali di cui si avvale/necessita il cittadino, in particolare per facilitare le dimissioni protette dall’ospedale al domicilio.