QUELLA DISASTROSA GITA AL LAGO DI GARDA - Indicatore Mirandolese
Siamo nell’estate del 1950 e un gruppo di baldi giovanotti mirandolesi decide di fare il giro del Lago di Garda in bicicletta, percorrendo la “Gardesana”. I nostri eroi sono una decina: Cesarino Dotti, Franco Mantovani, Germano Maini, Rino Pedretti, Giordano Trentini, Erminio Sala, Ettore e Adriano Gavioli, Giorgio e Roberto Bellia, Pericle Ferri. Il primo problema che si pone agli escursionisti “fai da te” è quello di reperire il mezzo di trasporto: alcuni posseggono una bicicletta, altri se la fanno prestare dai genitori, altri ancora la prendono a noleggio da Borsò e Aldo Spaggiari, meccanici di biciclette. Alcuni giorni prima della partenza, il gruppo si ritrova per fare un po’ di calcoli e pianificare il percorso. Viaggiando a20 chilometriall’ora, dovrebbero servire 13 – 14 ore per effettuare il giro, ovvero quattro e mezza al giorno, visto che i ragazzi intendono stare via tre giorni. Si mettono poi d’accordo di partire verso le 5 del mattino.
Arriva il giorno della partenza e ovviamente mancano due di loro. Dopo aver atteso mezz’ora, i ragazzi decidono di passare da casa degli assenti, uno dei quali è ancora a letto, si veste in fretta e furia e si unisce al gruppo. Finalmente si parte, con un’ora e mezzo di ritardo sull’orario fissato. I mirandolesi cominciano a pedalare, ma a Nogara si sentono già le prime lamentele. «A gò mal al cul, farmemas un poch» («Ho male al sedere, fermiamoci un poco»).
Si riprende il viaggio e finalmente il gruppo di ciclisti arriva a Verona. Erminio Sala attraversa le rotaie della ferrovia, “le infila male” con le ruote della bici e cade rompendosi il naso. Gli altri invece vengono fermati e multati per attraversamento dei binari. Poco dopo, i ragazzi si fermano per fare uno spuntino. Si sono portati qualcosa da mangiare per il viaggio, ma durante il percorso quasi tutto il cibo è stato consumato ed è rimasto solo qualche panino, non sufficiente a sfamare i ciclisti. Decidono allora che servono altri panini con prosciutto o mortadella. Effettuano un rapido inventario delle risorse a disposizione e si rendono conto che di soldi ce ne sono molto pochi. Optano così per acquistare solo pane, lasciando perdere il costoso affettato.
Ripartono quindi ancora affamati. Dopo una quindicina di chilometri arrivano nei pressi di un frutteto di pesche. Si fermano. Qualcuno si lamenta: «A me bela gnu al sfiopli in dal cul» («Mi sono già venute le vesciche nel sedere»), altri saltano il fosso dichiarando di andare a “prendere in prestito” qualche pesca. Uno di loro, però, cade nel fosse ed è costretto a spogliarsi completamente per far asciugare i vestiti bagnati.
Dopo una decina di minuti, mentre i ragazzi sono intenti a mangiare le pesche, arriva il contadino che chiede se i suoi frutti sono di loro gradimento. I mirandolesi si spaventano, temendo la reazione dell’uomo e gli raccontano tutte le loro disavventure: la multa, la caduta sui binari, il volo nel fosso e il fatto che non hanno più una lira. Il contadino si impietosisce: «Potevate entrare per il passo, non è così lontano – dice – capisco che sono brutti tempi. Comunque mangiate pure le pesche, ma lasciate lì la pianta» e se ne va ridendo.
I ciclisti ripartono sotto un sole cocente. Si mettono a torso nudo e continuano a pedalare, accompagnati da un crescente sottofondo di borbottii. «Sol ca rivema, an vagh più in bicicleta» («Solo che arriviamo, non vado più in bicicletta») si lamenta Roberto Bellia. «A go tut ros la pansa, am brusa da mat» («Ho la pancia tutta rossa, mi brucia da matti»), gli fa eco suo fratello Giorgio. Finiscono con lo scottarsi tutti e il viaggio sulla Gardesana si trasforma in una vera e propria odissea. Al ritorno la strada non finisce mai, le lamentele sono continue e addirittura, a Tramuschio, scendono dalla bici e si fanno un po’ di strada a piedi. Finalmente arrivano davanti al Castello Pico, genitori e amici si avvicinano per sapere com’è andata. Loro per tutta risposta buttano le bici per terra, gesto accompagnato da decine di accidenti. «Non andremo mai più a farela Gardesanain bicicletta» dicono in coro.
Quirino Mantovani
Nella foto da sinistra: Adriano Gavioli, Erminio Sala, Pericle Ferri, Cesarino Dotti, Giorgio Bellia, Franco Mantovani.
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