INIZIATO IL CORSO SULLA BOHÈME: «ADESIONI OLTRE OGNI ASPETTATIVA» - Indicatore Mirandolese
Sono ben 41 le adesioni al nuovo corso, incentrato sulla Bohème di Giacomo Puccini, nell’ambito del progetto “Gulliver: itinerari musicali”.
Il nuovo progetto della Fondazione Scuola di Musica “Carlo e Guglielmo Andreoli” conduce gli adulti alla scoperta (o riscoperta) di capolavori della tradizione lirica italiana. In settimana si sono svolte le prime lezioni di Bohème, mentre c’è già grande attesa per la visione dello spettacolo, che si terrà alla Scala di Milano nel prossimo mese di marzo.
«La nostra Scuola – spiega il direttore della Fondazione “Andreoli”, Mirco Besutti – è attenta al cambiamento e intende crescere, nei prossimi anni, seguendo le dinamiche della società, offrendo progetti di qualità e rivolti a un pubblico sempre più ampio, che dalla musica può trarre esperienze e migliorare il proprio benessere».
Le lezioni de La Bohème sono tenute da Silvia Biasini, coordinatrice del progetto “Gulliver”, che conduce i corsisti alla scoperta del compositore, dei personaggi dell’opera, della loro psicologia, dell’analisi della partitura e della retorica musicale. Il corso sarà anche impreziosito, prima della visione dell’opera, da una Masterclass del prof. Patrizio Bianchi. «Il confronto e il dialogo, che portano alla creazione del pensiero critico-musicale in ogni individuo – spiega la coordinatrice – sono gli ingredienti essenziali per ricreare un’atmosfera da “salotto culturale”, che è il punto fondante di questo progetto, in grado di promuovere educazione all’ascolto e socialità».
Intervista a Silvia Biasini
Qual è il segreto della formula di “Gulliver”? Perché tante persone si appassionano ancora all’opera lirica?
«L’opera possiamo definirla come una forma musicale complessa, per noi nel 2023: la musica, la vocalità, la trama, il senso dell’onore, lo spirito fiabesco… tutto sembra appartenere al passato e quindi non è sempre così comprensibile fino in fondo. Si rischia di rimanere in superficie, credendo per esempio che Ernani sia solo un bandito o Rodolfo un pittore, ma la formula di “Gulliver” riserva più di un segreto: attraverso la musica, il libretto, la retorica, permette ai corsisti di entrare dentro l’opera quasi come fossero loro stessi i protagonisti. Sono fermamente convinta che nella nostra società, questo sia l’unico modo per apprezzare appieno il mondo dell’opera lirica e poter andare a teatro con lo stesso spirito con cui si va al cinema, senza aver bisogno di leggere il libretto».
La Bohème è stata rappresentata per la prima volta nel 1896 ed è ambientata nella Parigi di quasi due secoli fa. Cosa attrae lo spettatore di quest’opera pucciniana, oggi?
«Che gelida manina, se la lasci riscaldar… chi non conosce questi versi celebri di Bohème e chi non si sente avvolto dalla dolcezza di queste parole?
La Bohème è la prima opera dove assistiamo a tutte le fasi del corteggiamento: l’incontro tra Mimì e Rodolfo, quella sensazione piccola di qualcosa di misterioso che da subito li unisce, i piccoli trucchi per prolungare il momento, il turbamento per il contatto della mano, il racconto di sé, la dichiarazione e il primo bacio. Lo spettatore si trova avvolto in questo amore che nasce e che, a differenza di altre opere, non viene osteggiato da amanti, da nobili, dall’onore… ma dalla povertà e infine saranno separati dalla morte.
Un’opera che seppure incentrata sull’amore, non nasconde le personalità ben definite dei personaggi. È una storia che attrae tutti e la musica affascina come fosse lei stessa un singolo personaggio che a tratti commenta la scena e altre volte ne è in disaccordo».
E lei come si è avvicinata alla lirica? Qual è stato il suo percorso nel mondo della musica e di questo genere in particolare? E cos’è per lei “Gulliver”?
«Sono nata in una famiglia di amanti dell’opera lirica. Mio nonno era un tenore lirico appassionatissimo di opera, con lui non si guardava Cenerentola di Walt Disney ma La Cenerentola di Gioachino Rossini. Ho iniziato a studiare pianoforte perché da grande volevo fare il maestro collaboratore e quindi lavorare a stretto contatto con i cantanti, ma soprattutto con l’opera. Fin da giovanissima, ho avuto tante occasioni di lavorare con celebri cantanti, ma ad un certo punto non mi bastava più “suonare” l’opera, dovevo entrarci dentro, dovevo capire di più. Il mio percorso di studi attraverso la composizione e la direzione di coro mi ha permesso di avere ulteriori strumenti, ma la grande svolta nella comprensione dell’opera è stato lo studio della retorica musicale che mi ha dato le chiavi per entrare nella mente del compositore e di capire il pensiero musicale che lo ha portato a scrivere nota dopo nota.
“Gulliver” per me rappresenta l’opportunità di poter trasmettere la mia più grande passione. Ogni volta che ascolto un’opera mi emoziono tantissimo e spero di poter lasciare ai corsisti alcuni strumenti per poter vivere il teatro musicale a 360».