IN RICORDO DEL DIACONO MASSIMO BERTOLINI - Indicatore Mirandolese
Si è spento lo scorso 3 settembre all’Ospedale “Santa Maria Bianca”, dove era da tempo ricoverato, il diacono ed ex bancario mirandolese Massimo Bertolini, 72 anni, persona molto conosciuta e stimata. Di seguito pubblichiamo il ricordo letto sull’altare, il giorno dei funerali, dalla figlia Marcella.
“Innanzitutto voglio ringraziare il parroco don Flavio e tutti i sacerdoti e i diaconi presenti. Il mio grazie va poi a don Germain e al nostro amico e “fratello” Giorgio, che ci sono stati fisicamente e spiritualmente sempre vicini.
Vorrei poi ringraziare tutti i medici, gli oncologi e gli infermieri di Carpi e Mirandola che in questi 15 anni, e in particolare in questi ultimi 9 mesi di ricoveri, si sono presi cura, con professionalità, impegno ed affetto, di mio papà e quindi anche di noi, della sua famiglia.
Di cuore ringrazio poi tutte le persone che ci sono state vicine, sia fisicamente che spiritualmente con parole di incoraggiamento e tante tante preghiere.
Vorrei poi ringraziare tutte le mie amiche che, ognuna in un modo diverso, mi sono state vicine e Fabio, il mio compagno, perchè mi e ci è stato vicino ogni istante e ha curato ed assistito il mio papà ogni giorno, più volte al giorno, con una dedizione e un amore unici.
Mio papà ha vissuto la sua vita dedicandosi interamente al Signore, a noi della sua famiglia e agli altri. In modo sempre umile, semplice, modesto, delicato, discreto, disinteressato, con altruismo e generosità.
Mio papà ha sentito una chiamata dal Signore, una conversione a cambiare, anni fa, quando sono nata io.
Mi diceva che aveva capito che c’era “qualcosa di più” dalla vita, che si poteva cambiare, che il Signore poteva cambiarci e cambiare le cose, che le cose si potevano affrontare e vivere in un modo diverso, da quello prettamente “umano”. All’inizio erano solo pensieri e concetti così e da trentenne quale era, che lavorava in banca e aveva appunto una famiglia con me piccola, ha iniziato a comportarsi meglio che poteva, in famiglia, in banca, con i colleghi, con gli altri.
Ma quando il Signore chiama, chiama. E vuole tutto e vuole trasformare tutta la tua esistenza. Così all’inizio degli anni novanta mio papà ha sentito una chiamata più forte e ha avuto una conversione profondissima, che, incoraggiata anche da monsignor Giuseppe Tassi, l’ha portato a diventare prima Accolito e infine Diacono.
Una conversione che, nonostante le tantissime prove e difficoltà della vita, non ha mai vacillato nel corso di tutti questi anni.
Sempre in quegli anni, grazie, al movimento del rinnovamento carismatico ha poi conosciuto un nuovo modo di pregare. Un modo gioioso, la lode costante a Gesù, un Gesù vivo, che ci ascolta, un Gesù che anche oggi, come 2000 anni fa in Palestina, può guarire. Ha scoperto che c’è potenza nella preghiera, che c’è potenza nello Spirito Santo.
Io allora ero appena adolescente e vedevo questo papà forte e bello, intelligentissimo e colto, che viveva con una logica “diversa” da quella del mondo. Una logica addirittura contraria, a quella del mondo: la logica di Dio. Un papà che non criticava mai nessuno, che non parlava mai male di nessuno, che addirittura mi interrompeva subito se io giudicavo qualcuno, un papà che non si lamentava mai, nè della stanchezza, nè dei problemi. Un papà che al mattino presto, prima di andare a lavorare in banca, nelle varie sedi in cui è stato, a Modena, a Carpi, a Verona, metteva la sveglia un’ora prima di partire, e pregava. Lo trovavo così, in camera, in raccoglimento e preghiera, sempre sorridente.
Un papà che, dentro il borsello, aveva il rosario, e che in pullman con i colleghi, silenziosamente diceva dentro di sè.
Un papà che era sempre dolcissimo, mai nervoso, mai preoccupato, sempre sereno.
Un papà che mi diceva cose che nessuno mi diceva e che sembravano follia per una ragazzina: mi diceva perdona, anche se hai ricevuto un’offesa, dai senza chiedere nulla in cambio, non giudicare, non criticare, dì bene di tutti perchè dire bene è bene-dire, dire male è male-dire, mi diceva “il male si vince solo con il bene”.
A tutte le persone che ha incontrato nella sua vita, con umiltà, modestia e delicatezza ha parlato di Gesù, testimoniando a tutti il suo grande amore per Lui e soprattutto il grande amore di Gesù per noi e proponendo una logica diversa da quella “umana” “Confida nel Signore, affidati a Lui, affida tutto a Lui, metti tutto nelle Sue mani, offri tutto al Signore, invoca la Sua protezione”, queste erano le sue parole più frequenti.
Da quei primi anni, e di anni ora ne sono passati quasi 30, in ogni situazione della sua vita, mio papà ha sempre seguito Gesù con umiltà e fedeltà, anche nelle prove più dure, che sono state tante.
C’è stata la prova della sua malattia, che lo ha colpito all’età di 57 anni. Ma anche in questo caso lui non si è scoraggiato e ha affidato tutto a Gesù.
Il terremoto, con la perdita di tutto quello che avevamo, è stata un’altra prova durissima. Ma nulla era una tragedia, neanche gli esami medici che andavano male. Nulla, neanche i tanti pesanti effetti collaterali delle cure, stravolgevano la sua vita.
A far la chemio a Mirandola in bicicletta, poi a prendere la sua adorata nipotina Miriam, a scuola. Anni di cure, di esami, di controlli e nel mezzo: la vita. I compiti al pomeriggio con Miriam, un buon pranzo o cena fuori, sempre la battuta pronta, abbiamo sempre riso tanto, in famiglia.
Tutto normale, tutto nelle mani del Signore.
Sono stati 15 anni di cure e 15 anni di preghiera.
Nulla gli ha tolto quel sorriso sereno e di pace, quello sguardo azzurro, puro, pacato e buono, quel rassicurarci che andava tutto bene.
A gennaio di quest’anno, dopo 15 anni di vita, di qualità di vita accettabile, è arrivata la prova più dura.
Per me, che gli sono stata sempre accanto, sono stati 9 mesi di preghiere ma anche di sofferenza, di dolore, di diagnosi che pesavano come macigni, che facevano male come schiaffi in faccia. Sono stati 9 mesi di agonia, strazianti, in cui ogni giorno ho visto questo mio papà meraviglioso deperire un pò di più e peggiorare sempre più. Questo per me.
E per lui cosa sono stati, questi nove mesi? Quasi tutti trascorsi immobile in un letto, all’ospedale? Sapendo, perché era troppo intelligente per non aver capito, cosa lo aspettava? Per lui sono stati 9 mesi di sorrisi sereni, di sguardi dolcissimi, della parola “grazie”, detta fino alla fine sempre a tutti, sono stati 9 mesi di “tranquilla, va tutto bene”, di “ma sì prendiamoci un buon ginseng”. Sono stati 9 mesi di letture e passatempi vari, ma soprattutto sono stati 9 mesi di preghiere, intense. Dette quasi tutte per gli altri. Immobile, nel suo letto di ospedale aveva un foglietto con scritti a mano tanti nomi di persone per cui pregava. Persone malate, persone bisognose, persone in depressione, persone che non sono più con noi ma per le quali continuava a pregare.
Nelle ultime settimane ha sofferto quanto è umanamente possibile soffrire, in modo indicibile, ma ha affrontato tutto diciamo santamente, con una serenità, una calma, una mitezza, una dolcezza soprannaturali, con una grazia particolare, sentendo vicino Gesù e invocandolo; senza mai far pesare nulla, senza mai chiedere nulla, senza mai lamentarsi ma dicendo continuamente, fino alla fine, “Signore, sia fatta la Tua volontà in noi e fà che noi facciamo la Tua volontà”.
Proprio pochi giorni prima di morire, forse vedendomi particolarmente triste, mi ha detto:”Non inizierai mica adesso, a dubitare?”.
E così, oggi, saluto il mio papà, ma non è neanche un arrivederci, nè un ciao, perchè ho la certezza che lui è e sarà con me e con noi ogni istante della nostra vita.
Saluto il mio papà, coerente in tutto e quindi credibile, dalla fede pura, cristallina, incrollabile nonostante tutto, dalla fede incondizionata in Gesù vivo che ci ascolta e nello Spirito Santo che opera.
Papà, grazie di tutto, in ogni istante della tua vita, anche nei momenti più duri, hai continuamente rinnovato quel sì di tanti anni fa al Signore, quel sì che ha cambiato e trasformato tutta la nostra esistenza e quella di tante altre persone. La tua testimonianza, fedeltà e fede incondizionata nel Signore e la tua bontà porteranno molti frutti”.
Marcella Bertolini