GELATI, GRANITE E CANNOLI...VUOTI - Indicatore Mirandolese
Negli anni ’50 a Mirandola c’erano due fratelli, i Gavioli, che vendevano gelati. Del più anziano non ricordo il nome, mentre il più giovane si chiamava Orazio. Avevano due carretti a pedale con sopra una ghiacciaia a tre aperture: una per la panna, una per il cioccolato e una per la nocciola.
I fratelli Gavioli giravano per le vie della città e delle frazioni circostanti, vendendo i loro dolcissimi prodotti. Con il tempo, il più anziano ha aperto un bar in via Castelfidardo, mentre Orazio ha iniziato a gestire un chiosco in piazza Marconi, di fianco al Teatro Nuovo.
Noi ragazzi, quando avevamo qualche soldino, lo spendevamo sempre lì, da Orazio. Le granite costavano 20 lire, mentre i gelati oscillavano tra le 10 e le 50 lire. D’inverno il gestore vendeva anche caldarroste, salatini e noccioline. E siccome a causa del freddo non c’era richiesta per il gelato, Orazio aveva sempre pronti il budino e la crema con i quali riempiva sul momento gustosissimi cannoli.
Una domenica pomeriggio, verso le 17, due distinti signori usciti dal cinema Pico si fermano da Orazio al quale chiedono due cannoli, uno alla cioccolata e uno alla crema. Il gestore li invita a servirsi da soli: «Ien lè in dal canton, serviv pur uatar» («Sono lì nell’angolo, servitevi pure da soli»). I due clienti si avvicinano ai cannoli, li osservano e poi guardano perplessi Orazio. «Non vediamo cannoli pieni» dice uno dei due.
Orazio si spazientisce un pochino: «An sarii minga orub, ien lè» («Non sarete mica ciechi, sono lì») ribadisce. A questo punto i due uomini si mettono a ridere e lo invitano a mostrarglieli. Orazio si avvicina, osserva i cannoli con crescente incredulità, li prende in mano e, stupefatto, si rende conto che sono vuoti. Il budino e la crema sono misteriosamente spariti, visto che lui è assolutamente sicuro di averli riempiti poco prima. Orazio scuote la testa, si scusa con i clienti, riempie i cannoli e li consegna. Poi, pensieroso, torna al suo lavoro, tenendo costantemente d’occhio il punto in cui sono collocate le paste.
Dopo circa una mezz’ora, all’improvviso, vede spuntare dal basso una manina che si avvicina furtivamente al cabaret con i cannoli. Orazio prende la scopa ed esce lentamente. Poco lontano trova mio fratello Guglielmo ed Enzo Rebecchi intenti a svuotare con le dita i cannoli, mangiando avidamente il contenuto. L’uomo li sorprende alle spalle e, senza dire nulla, rifila loro due, tre “sgranadladi” (scopate) ben piazzate.
I due ragazzini se la danno precipitosamente a gambe. Verso sera passo al chiosco per comprare un sacchettino di nocciole. Orazio, mentre mi consegna la merce, mi racconta l’accaduto, dicendomi di riferire ai due mariuoli che, per questa volta, avrebbe chiuso un occhio sulla vicenda. Ad ogni modo, per precauzione, dopo l’accaduto, il cabaret dei cannoli aveva cambiato posto, finendo all’interno del locale, in una posizione sicura e lontana da “dita pericolose”.
Quirino Mantovani
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