25 APRILE, L'INTERVENTO DEL SINDACO GRECO IN P.ZZA COSTITUENTE A MIRANDOLA - Indicatore Mirandolese
Migliaia le persone che si sono rivwersate ieri in p. zza Costituente a Mirandola per le celebrazioni del 25 aprile e per l’atteso arrivo della Colonna della Libertà. Momenti precedeuti dall’intervento che il Sindaco di Mirandola Alberto Greco ha rivolto agli intervenuti nel giorno della Liberazione.
“Concittadini, Autorità civili, militari e religiose.
L’articolo 11 della Costituzione recita:“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione alle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace, la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Ho scelto l’Articolo 11 delle nostra Costituzione, per aprire il mio discorso in occasione delle celebrazioni della Festa della Liberazione, poiché ritengo che in esso siano contenuti i significati più puri di una festa che, a 78 anni dalla fine del Secondo Conflitto Mondiale, l’ultimo combattuto sul nostro suolo, debba finalmente riuscire ad unire senza escludere nessuno. Ritengo che la guerra rappresenti il male assoluto e che solo la difesa della pace possa assicurare un futuro alle prossime generazioni: quella pace ha reso possibile, subito dopo la fine del conflitto, la ricostruzione e il boom economico del nostro paese. Sono la libertà, la giustizia e, aggiungo, la ricerca della pace e della pacificazione con i nemici e gli avversari, che rendono grande, maturo e forte un popolo. La lotta di liberazione, nello specifico, rese il Paese padrone del proprio destino: un destino di libertà, sancito dalla Costituzione. Essa, scritta dai padri costituenti, rappresenta ancora oggi la linea di demarcazione fra la libertà ottenuta con la liberazione del nostro suolo dall’occupazione tedesca e qualsiasi spinta totalitarista.
La guerra, questo lo possiamo appurare anche ai giorni nostri, produce solamente orrori. I nazisti invasori torturarono in modo sistematico e indiscriminato, massacrarono le popolazioni civili, deportarono ebrei e oppositori nei campi di sterminio, bruciarono case e chiese. I luoghi simbolo sono molti: alcuni tristemente noti – come Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, via Tasso, il Sacrario delle Fosse Ardeatine, Porta San Paolo – altri meno. Anche in questi ultimi casi furono operati feroci rastrellamenti con la successiva fucilazione o deportazione nei campi di concentramento di giovani, anche nel nostro territorio, oggi ricordati dalle pietre d’inciampo alla memoria di essi dedicati. Fecero parte della lotta per la Liberazione cattolici, comunisti, monarchici, socialisti, liberali ma anche cittadini comuni, estranei a ogni logica politica come l’indimenticabile campione Gino Bartali, protagonista del salvataggio di 800 ebrei italiani e per questo riconosciuto con il titolo di “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem o Mike Bongiorno che fu impegnato come staffetta e per questo fu imprigionato a rischio della fucilazione. La Resistenza, tuttavia, non fu caratterizzata solamente da armi e guerra, bensì dalla lotta disperata di un popolo che sopravvisse alla fame, ai rastrellamenti, alla borsa nera. La chiamarono, ingiustamente, ‘zona grigia’, ma erano anch’essi resistenti, nel senso più puro e fiero di opposizione alla violenta occupazione. Sacerdoti che accoglievano ebrei a rischio di deportazione, le sette suore di S. Vittore pieno di ebrei e antifascisti, partigiani furono i militari italiani che scelsero la prigionia e i lager, anziché imbracciare le armi contro i propri connazionali: Carabinieri come Salvo D’Acquisto, finanzieri, scout, crocerossine e gli operai del nord Italia che difesero le fabbriche e ne impedirono lo smantellamento; senza dimenticare i contadini che sfamavano chi aveva perso tutto o chi lottava. In quello scenario di guerra, in certi casi fratricida, va ricordato il fondamentale ruolo delle donne.
Rigetto, e a mio modo mi oppongo, a chi sceglie di suddividere con slogan o formule propagandistiche, bene ed il male. Agli italiani che scelsero di combattere, dalla parte sconfitta dalla storia, non va negata la pietà. Se così fosse si darebbe nuovo ardore ad una fiamma di odio e contrapposizione che, a quasi otto decenni di distanza, è giusto provare a spegnere con l’unico intento di preservare la pace e possibilmente unirsi alla ricerca di una memoria condivisa e, finalmente pacificata. La letteratura evoca e rappresenta le mille contraddizioni e i molteplici stati d’animo del bene e del male. Vittorini, Cassola, Calvino, Pavese, Fenoglio, Morante. Nel “Partigiano Johnny”, di Beppe Fenoglio, due fratelli sono schierati su fronti avversi, uno fra le fila dei partigiani e uno dalla parte dei ‘repubblichini’: due fratelli legati indissolubilmente, uniti dal timore di un’imminente notizia della morte dell’altro.
Lasciatemi riprendere ora alcune considerazioni sulla guerra in Ucraina. Io credo, senza evocare paralleli tra la Resistenza Italiana e quella ucraina, che la storia si ripete, ma mai allo stesso modo. Ritengo tuttavia che resistere ad un esercito invasore, che provoca massacri come quelli di Bucha e che bombarda i civili inermi, sia sempre giusto e legittimo. Non esiste una Resistenza giusta o una Resistenza sbagliata. Esiste una sola Resistenza: ferma e decisa al cospetto alle atrocità della guerra. È questo che assegna un’identità, un’idea di libertà: il popolo ucraino, proprio come l’Italia del 43-45, sta cercando di difendere il diritto di decidere del proprio destino. La democrazia, lo sappiamo, è imperfetta, ma la dittatura e un uomo solo al comando sono molto peggio e hanno portato, ovunque, inevitabilmente alla guerra. Dobbiamo sforzarci di essere tutti quanti, miei concittadini, costruttori di pace: spero giunga questo mio appello a tutta la comunità di Mirandola. Il monito a divenire “costruttori di pace” non è un’idea del sottoscritto ma ce lo hanno ricordato più volte Papa Francesco ed il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il rispetto della dignità è un valore ed un impegno che riguarda tutti noi, attraverso i comportamenti quotidiani. Comportamenti che devono partire soprattutto da chi occupa ruoli istituzionali o politici. Essere in grado di saper dare il “buon esempio”.
Cito le parole del Presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento in cui ha fatto più volte riferimento al valore della Dignità. “Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo. Dignità è impedire la violenza sulle donne. È innanzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere senza tregua la tratta e la schiavitù degli esseri umani. Dignità è contrastare la povertà. Dignità, aggiungo Io infine, è perseguire la Giustizia in tutte le sedi opportune. Concludo il mio intervento confidando che questo 25 Aprile, in tutta Italia, possa aprire una nuova strada, permettendoci di superare tutte le divisioni e diventando finalmente un momento di unità e pace per tutto il nostro Paese.
Viva la Repubblica Italiana, viva la Costituzione, Viva Mirandola!”